Ariosto · Lettera n. 27
- Mittente
- Ariosto, Ludovico
- Destinatario
- Leone X, papa
- Data
- 16 gennaio 1520
- Luogo di partenza
- Ferrara
- Luogo di arrivo
- Roma
- Lingua
- italiano
- Incipit
- Havendomi Galasso mio fratello a' dì passati fatto intendere che V. Santità haveria piacere ch'io le mandassi una mia comedia
- Explicit
- pur che in qualche modo la diletti io me ne chiamerò satisfatto. Alli cui santissimi piedi humilmente mi raccomando
- Regesto
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Venuto a conoscenza del desiderio del papa di leggere una sua commedia (Il Negromante), Ariosto comunica di essere stato in dubbio se lasciare l'opera inconclusa, per mancanza di tempo prima del Carnevale e per timore del giudizio dei dotti romani o se concluderla e inviarla. Seppure non completamente soddisfatto, Ariosto ha terminato l'opera, e spera di riuscire a far divertire il papa, almeno quanto il buffone Boraballe.
- Edizioni
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- Barotti 1765, lettera n. 2, tomo VI, pp. 389-390 (Barotti parla di una lettera ritrovata in un manoscritto del Negromante in possesso dei conti Malaguzzi di Reggio; cfr. p. 418)
- Baruffaldi 1807
- Ariosto 1887, lettera n. 19, 34-36
- Ariosto 1965, lettera n. 27
- Ariosto 1984b, lettera n. 27
- Bibliografia
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- Stella 1963 = Angelo Stella, Per una nuova edizione delle Lettere di L. Ariosto (con lettere e manoscritti inediti), in «Giornale Storico della Letteratura italiana», vol. 140, fasc. 432, 1963, pp. 566-601
- Nomi citati
Beatissime Pater.
Havendomi Galasso mio fratello a' dì passati fatto intendere che Vostra Santità haveria piacere ch'io le mandassi una mia comedia ch'io havea tra le mani, io, che già molti giorni l'havevo messa da parte quasi con animo di non finirla più, perché veramente non mi succedea secondo il desiderio mio, son stato alquanto in dubio s'io mi dovea scusare di non l'havere finita e che per recitarla questo carnevale mi restava poco tempo di finirla (e questo pel timore dei giudicio di questi homini dotti di Roma, e, più de gli altri, di quello di Vostra Santità, ché molto ben si conoscerà dove ella pecca, e non mi sarà admessa la excusa d'haverla fatta in fretta); o se pure io la dovea finire al meglio ch'io potea, e mandarla, e far buono animo, e conto che quello che conoscevo io nessun altro havesse a conoscere.
Finalmente, parendomi troppo mancare dal mio debito, et essere ingrato alle obligationi grandissime che io ho a Vostra Santità, non satisfacendo a tutti li suoi cenni, anchora ch'io ne dovessi esser riputato di poco giudicio, perché forse la mia scusa, benché vera, non saria accettata; ho voluto fare ogni opera per mandarla, e più presto esser imputato ignorante o poco diligente che disobediente et ingrato: e così l'ho ritolta sùbito in mano.
E tanto ha in me potuto l'essermi stata da parte di Vostra Santità richiesta,che quello che in dieci anni, che già mi nacque il primo argomento, non ho potuto, ho poi in due giorni o tre condutto a fine: ma non che perhò mi satisfaccia a punto, e che non ci siano de le parti che mi facciano tremare l'animo, pensando a qual giudicio la si debbia appresentare.
Pure, quale ela si sia, a Vostra Santità insieme con me medesimo dono.
S'ella la giudicherà degna de la sua udienza, la mia comedia haverà miglior aventura ch'io non le spero; s'ancho sarà riputata altrimente, préndasene quel trastullo almeno che de le compositioni del Boraballe già si soleva prendere, che, pur che in qualche modo la diletti, io me ne chiamerò satisfatto.
Alli cui santissimi piedi humilmente mi raccomando.Di Ferrara, alli 16 di Gennaro MDXX.
Scheda di Chiara De Cesare | Ultima modifica: 10 gennaio 2024
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