Ariosto · Lettera n. 87
- Mittente
- Ariosto, Ludovico
- Destinatario
- Pandolfini, Lorenzo
- Data
- 29 maggio 1523
- Luogo di partenza
- Castelnuovo di Garfagnana
- Luogo di arrivo
- Barga
- Lingua
- italiano
- Incipit
- Un famiglio qui de' frati di San Francesco
- Explicit
- et anceh io per amor di Vostra Magnificentia mi interporrò per intendere che non le sia fatto torto. Et a quella mi offero e raccomando
- Regesto
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Un frate è stato assaltato nei pressi di Barga da tre banditi di cui Ariosto fornisce una descrizione fisica, con particolare riguardo al vestiario. Spiega inoltre al Pandolfini, divenuto da poco podestà di Barga, le dinamiche di banditismo più comuni tra terre garfagnine, lucchesi e fiorentine. Comunica l'urgenza di un provvedimento, perché altrimenti non saranno solo i viandanti e gli uomini che lavorano in altri comuni a essere in pericolo, ma anche i funzionari nelle rocche. Ariosto ha da poco emanato una grida nella quale proibisce ai sudditi garfagnini di recarsi armati nella giurisdizione fiorentina, ma non sa se a Firenze sia stato fatto lo stesso, come concordato. Anche le autorità lucchesi sono favorevoli a una collaborazione. Ariosto ha ricevuto la raccomandazione di una vedova da parte del podestà di Barga, e cercherà di interporsi affinché non le sia fatto alcun torto.
- Testimoni
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Firenze, Archivio di Stato di Firenze, Otto di Pratica, Responsive, lettera n. 7, filza 29, cc. 45-46
Originale, manoscritto autografo.Missiva raccolta in filza.Lettera firmata, firma autografa, indirizzo presente.
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Firenze, Archivio di Stato di Firenze, Otto di Pratica, Responsive, lettera n. 7, filza 29, cc. 45-46
- Edizioni
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- Milanesi 1863, lettera n. 5, 329-330
- Ariosto 1887, lettera n. 71, 134-136
- Sforza 1926
- Ariosto 1965, lettera n. 87
- Ariosto 1984b, lettera n. 87
- Bibliografia
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- Stella 1963 = Angelo Stella, Per una nuova edizione delle Lettere di L. Ariosto (con lettere e manoscritti inediti), in «Giornale Storico della Letteratura italiana», vol. 140, fasc. 432, 1963, pp. 566-601
- Albonico 2022 = Simone Albonico, Ariosto, in Autografi dei letterati italiani. Il Cinquecento, tomo III, a cura di Matteo Motolese, Paolo Procaccioli, Emilio Russo, Roma, Salerno editrice, 2022, pp. 3-35, p. 14
Magnifice et Clarissime tanquan frater honorande.
Un famiglio qui de’ frati di San Francesco, venendo hieri da Lucca, tra nona e vespero, sul piano di Barga, dove si dice il sasso do Menate, fu assaltato da tre; de li quali uno era di 18 anni circa, con un giubbarello di pignolato negro stracciato, berretta nera, e con la calce da mezza coscia in giù verde; uno di 25 anni in circa, con un giubbone di pignolato bigio, con calcion larghi di tela bianca e beretta nera; l’altro con una barba rossa da orecchie, e con un colletto di coiame; li quali, prima quel più giovine gli lanciò una partesanella, e gli ferì un muletto, sopra qual era, ne la groppa, assai in profondo; e poi lo presero, e gli tolsero certo poco di taffetà che portava ad uno di questa terra e certe altre robe non di molta valuta.
E perché Vostra Magnificentia, anchora che sia nuova in l’officio, può havere inteso li assassinamenti che ogni dì si fanno qui d’intorno, né io sono atto a provederli, perché fatto c’hanno il male si riducono hor sul territorio di Signori fiorentini, hora di luchesi; et appresso questi malfattori vanno le più volte in più compagnia che non sono li balestrieri ch’io tengo qui per mia guardia; e, per quanto intendo, la maggior parti di questi sono da Somacologna e da Barga, che vengono e fanno il male, e poi fuggono a casa; sì come ancho pochi dì sono ch’io scrissi al precessore di vostra Magnificentia d’uno assassinamento che costì alla Barcha havean fatto, ad un poveretto di questa ducale provincia, alcuni pur da Barga e da Sommacologna, che gli tolsero un par de buoi et una cavalla e panni e danari, e mai di quella mia lettera non ho havuto risposta, con tutto ch’io gli avisassi il nome di molti di quelli che s’erano trovati a far tale assassinamento.
Hora, se a tanti mali non si piglia riparo, dubito che non solo li viandanti et homini del paese che vanno a lavorar fuore non saranno sicuri, ma né noi officiali anchora saremo sicuri ne le terre e ne le ròcche.
A’ dì passati feci far una grida per parte del mio Illustrissimo Signore, che nessuno di questa ducale provincia, sotto pena de la disgratia di sua excellentia e de la confiscatione de tutti li suoi beni, non ardisce di venire in armata né altrimente a far danno ne le terre de li excelsi Signori fiorentini: e perché lo Illustrissimo Signor mio m’havea dato questa commissione, pensavo che la medesima grida fossi stata fatta ne le terre de’ prefati excelsi Signori.
Che la sia o non sia stata fatta non so; so bene che molti di tutte coteste terre ogni dì vengono in armata in compagnia d’altri ribaldi di questo paese, e fanno in questa nostra provincia cose di mala sorte.
Ho voluto far questo poco preambulo a Vostra Magnificentia acciò che quando quella sia d’animo che questi tristi si castighino, dovunque si truovino, o ne le nostre o ne le vostre terre, et ancho de’ Signori luchesi, che per quanto mi scriveno sono assai bene disposti per assicurare le strade et il paese, potiamo scrivere l’un l’altro, e dar buono ordine, acciò che non stiamo qui totalmente inutili.
Hoggi ho havuto una di Vostra Magnificentia, per la quale mi raccomanda quella povera vedova: io non mancherò di far che’l Capitano, del quale è ordinario officio, gli administri iustitia, remosse le lunghezze e cavillationi; et anche io per amor di Vostra Magnificentia mi interporrò per intendere che non le sia fatto torto.
Et a quella mi offero e raccomando.Castelnovi, 29 Maij 1523.
Scheda di Chiara De Cesare | Ultima modifica: 29 giugno 2022
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