Ariosto · Lettera n. 83
- Mittente
- Ariosto, Ludovico
- Destinatario
- Alfonso I d'Este, duca di Ferrara
- Data
- 28 maggio 1523
- Luogo di partenza
- Castelnuovo di Garfagnana
- Luogo di arrivo
- Ferrara
- Lingua
- italiano
- Incipit
- Io mi truovo havere questo Moro di Pelegrino dal Silico in prigione
- Explicit
- me basta di proporre quello che mi pare che fosse ben fatto: di vostra excellentia è poi in dispositione di commandare quanto le pare
- Regesto
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Il Moro è finalmente in prigione e Ariosto ne elenca i delitti. Vuole che sia lui l'unico a pagare per il prete pisano, e non tutto il comune di Ceserana, che ha già pagato cento ducati di risarcimento. Ariosto scrive di volersi assicurare che, una volta in libertà, il Moro rimanga lontano dalla Garfagnana per almeno uno o due anni.
- Testimoni
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Modena, Archivio di Stato di Modena, Archivio segreto estense, Archivio per materie, Letterati, 3, Ariosto, Ludovico, lettera n. 24, ins. 23, c. 36
Originale, manoscritto autografo.Fogli sciolti, un foglio.Lettera firmata, firma autografa, indirizzo presente, segni di piegatura, segno di sigillo.
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Modena, Archivio di Stato di Modena, Archivio segreto estense, Archivio per materie, Letterati, 3, Ariosto, Ludovico, lettera n. 24, ins. 23, c. 36
- Edizioni
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- Ariosto 1862, lettera n. 17, 48-50
- Ariosto 1887, lettera n. 72, 128-130
- Ariosto 1965, lettera n. 83
- Ariosto 1984b, lettera n. 83
- Bibliografia
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- Stella 1963 = Angelo Stella, Per una nuova edizione delle Lettere di L. Ariosto (con lettere e manoscritti inediti), in «Giornale Storico della Letteratura italiana», vol. 140, fasc. 432, 1963, pp. 566-601
Illustrissimo et excellentissimo Signor mio,
io mi truovo havere questo Moro di pelegrino dal Silico in prigione, contra il quale di commissione di Vostra Excellentia il capitano ha processo et procede, prima per haver sempre dato ricapito a’ suoi fratelli banditi et ad alcunaltri pur banditi et assassini come a quelli che insieme con un suo fratello detto Iulianetto assassinaro quel prete pisano et gli tolsero cento ducati alla restitutione de li quali è stato gravato il commune di Cicerana.
Appresso gli procede contra per essere caduto per le mie gride in disgratia di vostra excellentia et in confiscatione de tutti li suoi beni; per essere ito con genti et bandita et altra sorte in Lombardia in aiuto de una di quelle parti.
Appresso gli procede per essersi trovato al Poggio, terra di Vostra Signoria, in compagnia di alcuni che amazaro uno subdito di quella.
Le prime due inquisitione confessa de plano, questa ultima anchora che confessi che insieme con quelli che feron tal homicidio, li quali dice che ritrovò tra via, esso entrò in la terra del poggio, et ancho si partì quasi in un tempo con loro, pur niega, che di tale homicidio esso fossi consentiente, quicquid sit, vel futurum sit.
Questi che hanno la proteczione sua, sono per suplicare a vostra excellentia et domandarli gratia, et apparecchiano a tutte queste imputationi excuse acceptabili.
Se Vostra Excellentia per qualche rispetto è per exaudirli, io non sono per pregarla per il contrario.
Solo voglio ricordarli che fra ogni gratia che sia per farli si ricordi che questo povero commune di Cicerana non resti nel danno de li cento ducati c’ha pagati al prete pisano, ché se a vostra excellentia è paruto iusto che essi homini per haver tolerato che ne la lor terra questi banditi et assassini si sieno alloggiati, debbiano pagare li suoi danni al prete, tanto è più giusto che questo Moro, per haverli alloggiati in casa sua o sia di sua mogliere, malgrado di quel commune, sodisfaccia ogni pena che per sua causa ha patito quel Commune, né può allegare alcuna excusa che contra sua volontà sieno stati in quella la quale per ragione de le mogliere è commune tra lui et suo fratello Giuglianetto, cum sit che parimente è caduto alla medesima pena, per essere ito cento volte e praticato mille con essi banditi ché per ogni volta et per ogni bandito è sempre caduto alla pena di cinquanta ducati: et perché vostra excellentia ne sia ben chiara le mando la coppia de le gride:
Anchora voglio raccordare a quella, che facendoli gratia del resto, voglia per quiete di questo paese fare che volendo uscire di prigione dia sicurtà sufficiente che per un anno o per dui non venirà in questa provincia et ancho se paresse honesto a vostra excellentia che desse sicurtà per li fratelli banditi che fin che vostra excellentia non facesse lor gratia, non havessino a venire in questo paese, serìa amio giudicio la salute et il riposo di questa ducale provincia.
A me basta di proporre quello che mi pare che fosse ben fatto, di vostra excellentia è poi in dispositione di commandare quanto le pare in buona gratia de la quale mi raccomando.Castelnovi, 28 Maij 1523
Scheda di Chiara De Cesare | Ultima modifica: 27 giugno 2022
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