Ariosto · Lettera n. 64
- Mittente
- Ariosto, Ludovico
- Destinatario
- Alfonso I d'Este, duca di Ferrara
- Data
- 15 aprile 1523
- Luogo di partenza
- Castelnuovo di Garfagnana
- Luogo di arrivo
- Ferrara
- Lingua
- italiano
- Incipit
- Alla mia giunta qui trovai che questi banditi del Costa da Ponteccio con li figliuoli
- Explicit
- perché esso non ha beneficij come ho io
- Regesto
-
Ariosto scrive dopo aver constatato la presenza di numerosi banditi a Castelnuovo. Espone tutte le proposte e i provvedimenti presi per contrastarli. Un primo tentativo è stato la ricerca dello scontro diretto al fianco degli uomini di Sillano, con armi provenienti da Trassilico: i soldati erano però arrivati in ritardo rispetto all’appuntamento concordato, o − scrive Ariosto − non si erano affatto presentati, adducendo scuse e pregandolo di non bruciare le case in cui era stato dato ricovero ai banditi. Ariosto, dunque, li aveva licenziati, rinunciando a un attacco diretto; aveva però ricevuto, in seguito, numerose richieste di salvacondotti da parte dei banditi da Ponteccio. Il secondo tentativo era stato quello di punire i banditi con l’astuzia, non essendo riuscito a farlo con la forza. Neppure questo tentativo era andato a buon fine − scrive − poiché la lentezza delle comunicazioni di Ariosto con i suoi alleati aveva fatto in modo che i banditi potessero tornare in Lombardia. Informa quindi Alfonso si essersi rivolto in seguito al Consiglio e di aver pensato a tre possibilità; fra quelle, la migliore era parsa la creazione di un esercito di fanteria in ciascuna delle quattro vicarie; l’idea di mettere una taglia su ciascun bandito, pur condivisibile in linea teorica e inizialmente posta ai voti, non era stata accolta per le possibili ritorsioni. Chiede aiuto e indicazioni ad Alfonso. Risponde ad alcune richieste di approvvigionamento (di funghi e trote) avanzate dal duca. Nel post scriptum torna sulla questione dei banditi, esprimendo il proprio disappunto nei confronti delle loro richieste di salvacondotti e comunicando la taglia posta dai banditi stessi sul Sorboli.
- Testimoni
-
-
Modena, Archivio di Stato di Modena, Archivio segreto estense, Archivio per materie, Letterati, 3, Ariosto, Ludovico, lettera n. 18, ins. 17, cc. 24-27
Originale, manoscritto autografo.Fogli sciolti.Lettera firmata, firma autografa, indirizzo presente, segni di piegatura, correzioni, segno di sigillo.
-
Modena, Archivio di Stato di Modena, Archivio segreto estense, Archivio per materie, Letterati, 3, Ariosto, Ludovico, lettera n. 18, ins. 17, cc. 24-27
- Edizioni
-
- Cappelli 1875, 265-268
- Cappelli 1876, lettera n. 2
- Ariosto 1887, lettera n. 53, 92-99
- Sforza 1926
- Ariosto 1965, lettera n. 64
- Ariosto 1984b, lettera n. 64
- Bibliografia
-
- Stella 1963 = Angelo Stella, Per una nuova edizione delle Lettere di L. Ariosto (con lettere e manoscritti inediti), in «Giornale Storico della Letteratura italiana», vol. 140, fasc. 432, 1963, pp. 566-601
- Nomi citati
-
- Balestrieri
- Barga, abitanti
- Bernardello da Ponteccio
- Bertacchi, Battista di Piero
- Camporgiano, abitanti
- Capello, vittima dei banditi
- Castagneto
- Castagneto, Virgilio
- Castelnuovo, abitanti
- Commissario di Sestola
- consiglio di Castelnuovo
- Costa da Ponteccio
- Este
- figli di Pellegrino dal Sillico
- Guicciardini, Nicolò
- Lamia, Salvatore
- Lucca, Anziani di
- Magnano, Battistino
- Otto Presidenti
- Pacchione, Filippo
- parte italiana
- Ponteccio, banditi
- Sillano, abitanti
- sindaci di Camporgiano
- Sorboli, Giovanni Maria
- Stocco, Francesco
- Trassilico, vicarìa
Illustrissimo et excellentissimo Signor mio
alla mia giunta qui trovai che questi banditi del Costa da Ponteccio con li figliuoli di Pelegrin dal Silico et alcuni lombardi de la factione di Virgilio da Castagneto erano in numero di circa sessanta in Grafagnana, li quali oltre a quello che havevano fatto fin a quel dì di che il Capitano mi, dice haver avisato vostra excellentia, di poi erano stati a Salacagnana et havevano preso un homo da bene detto Capello et l’havevano menato via legato e poi amazzato,
parendomi gran carico mio et ancho di vostra excellentia, patire stessino qui così senza contradictione alcuna, molte volte confortai questi di Castelnovo che volessino porsi insieme et ire a cacciarli il che mai non poteti impetrare come quelli che non si fidano l’uno de l’altro et dubitavano che con intelligentia de la parte taliana fussino nel paese,
io pur mi deliberai di far il debito mio, et menai pratica con gli homini di Sillano li quali soli di tutta questa provintia gli havevano mostrato il volto et erano stati seco alle mani, che luni matina prossimo passato si trovassino a Camporeggiano con cinquanta deli suoi che io mi troverei qui con quelle persone che potrei fare più presto, poi la sera inanzi mandai comandamenti ne la Vicaria di Trassilico che quelli che potevano portare arme la matina del lunidì fussino a Camporeggiano
et così senza far motto ad alcuno la matina del lunidì nel aprire del giorno con una gran pioggia, mi partì’ da Castelnovo con li balestrieri cioè X ch’el capitano loro con uno altro balestriero restò ferito a Castelnovo; et havendo su la meza notte mandato a chiamare li homini di Turrita villa qui più proxima, con numero di circa quaranta persone me n’andai a Camporeggiano, credendo di trovarvi li homini di Sillano ma quelli villani non s’erano più mossi come nulla appertenesse loro questa cosa, tutti gli altri comandati vennero a pezzo a pezzo
fu forza mandare a chiamare questi di Sillano, senza li quali non mi pareva di poter far cosa che stesse bene, perché sono armati et da far qualche expeditione, ché gli altri erano da fare in loro poco fondamento.
Mentre ch’io facevo questa indugia, li avisi de li homini di Castelnovo andavano in volta, li quali più ad agio mi dà l’animo d’investigare e di trovare.
Finalmente venero quelli di Sillano in circa sei persone: et mi fêro certa scusa infangata che non m’havevano bene inteso, et poi mi certificaro che tutti li lombardi insieme con Philippo Pachione Bernardello e Baptistino Magnano, S’erano partiti e tornati di costa da l’alpe, et Bertagnetta e tre altri da Pontecchio partiti in discordia dali compagni si trovavano a Pontecchio, et erano certi che erano avisati et che non aspettariano, et che s’io volevo andare per bruciar le case sarei causa di far bruciare la metade di questo paese, et così quelli da Camporeggiano et tutti gli altri mi pregavano che io non bruciasse ch’io sarei causa de la ruina di questo paese,
per questo et perché mi vedevo essere stato tardo per pigliarli, et perché vedevo che nessuno mi seguiva volentieri, et che sul fatto quando accadesse qualche contrasto sarei abandonato, come già due volte sono stati li balestrieri l’una da quelli di Castelnovo contra li barghesani: l’altra da quelli di Camporeggiano contra li banditi mi parve di licentiare la gente.
Subito mi furon ambasciatori di quelli banditi da Ponteccio li quali mi pregavano come per la qui inclusa di Bertagnetta vostra excellentia potrà vedere. io per nessun modo son per farli tal salvocondotto, ben son per darli bone parole et vedere di assicurarlo alquanto, se mai potessi fare con astutia quello che non posso per forza.
io havevo avisato il Commissario di Frignano et Signori Luchesi, il commissario di Fivizano, et alcun altri, che a me pareva che fussino buoni per serrare li passi quando questi ribaldi volesson fuggire ma mentre c’ho tardato a dar questi avisi che non ho potuto far sì secreto, che li fautori suoi cioè tutti questi de la parte taliana di Castelnovo, non se ne sieno aveduti e non gli habbiano avisati, si sono levati come ho detto, et tornati in Lombardia,
io voglio che vostra excellentia intenda ogni cosa: acciò che possa pensare et avisarmi come mi ho da governare, ché veramente, se non ci si fa qualche buona provisione, questa provincia anderà di male in peggio et a vostra excellentia non resterà altro che’l titolo di esserne signore ché la signoria in effetto sarà di questi assassini et dei capi et fautori c’hanno in questa provincia e specialmente in Castelnovo.
Hieri essendo a Camporeggiano feci chiamare il parlamento generale, et proposi tre cose l’una che fussino contenti di conferire con l’altra provincia ad accettare quindici o venti fanti scoppieteri appresso a gli balestrieri che ci sono, et pagarli per un mese o per dui finché questa provincia si riducessi in tranquillità et sicurezza
questo non ho potuto con alcuna persuasione fare che vogliano accettare anzi si sono levati in piedi alcuni vecchi, et hanno cominciato a ricordare li tempi passati et a dolersi che contra li capitoli c’hebbeno quando si detteno alla casa da Este, vostra excellentia gli habbia dato la grevezza de li balestrieri, allegando che prima si solevano tenire ne le ròcche li castellani il stipendio de li quali esse communità paghano, senza alcun loro utile, et che detti castellani erano obligati a tenere chi dui chi tre chi quattro famigli, deli quali famigli poi si soleva prevalere il commissario, et che questi erano più temuti et erano più atti a tenere quieta la provincia che non sono li balestrieri.
Io risposi loro quello che mi parve conveniente, ma finalmente non ci fu homo che volesse consentire di crescere spesa. ma più presto instavano che questa spesa de li balestrieri se levasse lor da dosso, o almeno che li denari con chi si pagano li balestrieri fussino spesi in tanti fanti, che saria pur più numero, et in questi sassi niente vagliono li cavalli, et che li fanti più quietamente, et per sentieri et per balze di notte et di giorno si potriano condurre in luoghi dove non ponno ire li cavalli,
questo lor parere ho voluto scrivere, vostra excellentia lo intenda et poi faccia il suo:
Io li proposi appresso che si facesse un battaglione di ducento o di trecento fanti ne la sua Vicaria, distinto sotto li suoi capi, et che se gli desse l’arme o scoppietti o balestre o picche. con che fussino sempre apparecchiati a poter obstare quando lombardi o altri forastieri volesson lor dar noia: ché di voler fare io per mezo del suo aiuto alcuna executione, contra banditi o deliquenti son ben certo che non mi succederia,
questo rimaseno contenti di voler fare, et così ho cominciato a darli principio, son quattro vicarie. mi sforzerò di fare che ciascuna faccia il suo, per potermene valere almeno contra l’insulti di forastieri.
Io fece lor la terza proposta, che mi dessino authorità di poterli obligare di 25 ducati per persona di deliquente perché intendevo di metter taglia a questi assassini, et proposi che non volevo che alcuno di essi rispondessi in voce ma secretamente con le fave, acciò che particularmente non potessino essere notati et per questo offesi dali banditi, deli quali ero certo che havevano molto più paura, et gli havevano in maggiore observantia e gli prestavano più ubidientia che a vostra Signoria.
Li sindici furon li primi a rispondere che davano l’authorità di questo a gli Otto sì come a quelli neli quali era rimesso di poter spendere quello de le communità a lor modo gli Otto risposero che erano certi di tutti otto essere morti se facevano questo:
io mandai per le fave per far balottare la cosa, si cominciaro a levare in piedi et ad uscire del consiglio catervatim, dicendomi che non volevano intervenire a questo, perché erano certi che li banditi gli havrebbono tutti per inimici et che se ne vendicariano, sol per questo che havessino consentito che tal cosa si ballottasse,
hor vostra excellentia può comprendere in che paura è tutto questo paese per sei o dieci ribaldi che ci sono:
Ultimamente gli Otto che mi sedevano più appresso mi disseno che havriano di gratia di pagare questa taglia, fatto che fosse l’effetto, ma che non volevano essere authori, ma che più presto voleano mostrare essere sforzati da vostra excellentia, et che saria bene che quella mi desse per una sua lettera commissione o per una grida emannata da quella, ch’io mettessi taglia a questi ribaldi et l’uno che amazzasse l’altro uscisse di bando et appresso guadagnasse dieci ducati, ché fariano più conto del danaio che d’essere rimessi.
Vostra excellentia hora consideri il tutto e mi significhi, ch’io per me, senza l’aiuto e consiglio di quella, non so che mi faccia.
Per satisfare a quella di quanto ella mi commise, deli prugnoli e de le trote, passando da Montefiorino e ritrovandovi il Commissario di Sextola, feci che sùbito spazzò un messo con certi pochi prugnuoli che erano ivi apparecchiati per lui, et credo che vostra excellentia gli habbia havuti,
io ho fatto sùbito pescare a trote, e fin qui non ho potuto havere se non tre assai picciole, le qual sùbito ho fatto amarenare, se n’havrò prima ch’io spazzi il messo de l’altre le manderò insieme se non vostra excellentia si contenterà di queste poche: l’aque son in questo paese anchora fredde di sorte che non se ne può pigliare,
ho li messi fuore per trovare de li prugnoli, se ne potrò havere li manderò insieme, ma questo paese è molto più alto che’l Frignano et per questo più tardo a produrre le cose, siché vostra excellentia mi excusi s’io non posso fare al presente quanto è il mio debito et desiderio,
altro non occorre in buona gratia di quella humillime mi raccomando.Castelnovi , 15 aprilis 1523.
humillimus Servitor Ludovicus Ariostus.
Appresso mi ero scordato di dire ancho a vostra excellentia che tutto il Consiglio di Camporeggiano mi pregava, ch’io facessi a questi banditi salvo condotto di star nel paese dando essi sicurtà secondo che per la lettera loro inclusa propongono, io risposi che questo non ero per far senza saputa di vostra excellentia et che gli ne darei aviso.
Vostra excellentia debbe ancho saper questo che per derisione de l’officio questi banditi quando erano tutti insieme prima che si partisseno del paese fecero far una grida. che promettevano di donare ducento ducati a chi desse lor nele mani vivo il capitano vicecommissario et cento morto, così m’ha detto esso capitano che l’ha per cosa certa.
Scheda di Chiara De Cesare | Ultima modifica: 27 giugno 2022
Permalink: https://epistulae.unil.ch/projects/ariosto/letters/64