Ariosto · Lettera n. 43
- Mittente
- Ariosto, Ludovico
- Destinatario
- Otto di Pratica
- Data
- 24 settembre 1522
- Luogo di partenza
- Castelnuovo di Garfagnana
- Luogo di arrivo
- Firenze
- Lingua
- italiano
- Incipit
- fin il maggio passato io scrissi a vostre excelse Signorie
- Explicit
- io manderò a star seco al paragone uno di questi fanti, che chiariranno le menti di Vostre Signorie.
- Regesto
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Ariosto ribadisce la propria presa di posizione contro Bartolomeo da Barga e ne espone nuovamente le vicende, aggiungendo alla narrazione dei fatti la conferma della veridicità delle proprie affermazioni sulla base di un'ammissione sia da parte di Bartolomeo che dei sette uomini. Scrive nuovamente di aver chiamato persone più esperte per avere un giudizio più fondato; prega inoltre gli Otto di Pratica di tenere in considerazione le sue affermazioni nel giudizio, e di tenerlo al corrente.
- Testimoni
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Firenze, Archivio di Stato di Firenze, Otto di Pratica, Responsive, lettera n. 6, filza 26, cc. 298-299
Originale, manoscritto autografo.Missiva raccolta in filza.Lettera firmata, firma autografa, indirizzo presente.
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Firenze, Archivio di Stato di Firenze, Otto di Pratica, Responsive, lettera n. 6, filza 26, cc. 298-299
- Edizioni
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- Milanesi 1863, lettera n. 2, 325-327
- Ariosto 1887, lettera n. 34, 57-59
- Sforza 1926
- Ariosto 1965, lettera n. 43
- Ariosto 1984b, lettera n. 43
- Bibliografia
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- Stella 1963 = Angelo Stella, Per una nuova edizione delle Lettere di L. Ariosto (con lettere e manoscritti inediti), in «Giornale Storico della Letteratura italiana», vol. 140, fasc. 432, 1963, pp. 566-601
- Albonico 2022 = Simone Albonico, Ariosto, in Autografi dei letterati italiani. Il Cinquecento, tomo III, a cura di Matteo Motolese, Paolo Procaccioli, Emilio Russo, Roma, Salerno editrice, 2022, pp. 3-35, p. 14
- Nomi citati
Magnifici et excelsi domini mihi observandissimi.
Fin il maggio passato io scrissi a vostre excelse Signorie quello ch’io havevo fatto e potuto far con ragione ne la causa che Bartolomeo di Mastro o da Barga ha con alcuni di questa ducale provincia, che esso dice che con la paga si fuggirono da lui a Buonconvento, e pienamente feci a Vostre Signorie (s’elle hebbero la mia lettera) intendere che, havendo l’una parte e l’altra a paragone, havevo trovato quello che ancho replicherò di novo, acciò che quelle non habbino di me questa mala openione, che a persona del mondo io volessi manchare di ragione; e tanto meno ne vorei manchare alli subditi suoi, ché, oltra che Vostre excelse Signorie ho in riverentia, per rispetto de la buona amicitia ch’io so essere tra il mio Illustrissimo Signore Duca e cotesta excelsa Repubblica, anche io particularmente, e per antiqua conversatione c’ho havuta in Fiorenza e per una naturale inclinatione, son molto affectionato a cotesto stato e desideroso di ubidire li comandamenti suoi.
Vostre Signorie dunque intenderanno di novo che la cosa sta in questo modo: che Bartolomeo mandò a levare alcuni di questa provincia, che in tutto furon sette, e diè loro certi pochi denari, promittendoli, come fussino a Castelfiorentino, havrebbono il suplemento de la paga; et essi, dubitando di non essere menati a vento, gli protestaro che, non havendo quivi li lor denari, se ne voleano poter ritornar con quelli pochi denari che havevon presi; e così non niegha uno che Bartolomeo mandò qui esser vero.
Come furon a Castelfiorentino non v’era chi desse denari, e questi nostri voleano ritornarsi; ma pur, pregandoli Bartolomeo, furon contenti d’andare a Poggibonici, ma pretestando di novo, se quivi non havean la paga, se ne ritornerebbono a casa.
Da Poggibonici, con simili preghi e promesse, furon tratti a Siena; non essendo ancho a Siena chi lor desse denari, se ne volsono ritornare; pur Bartolomeo, pregando e promettendo e dando loro ancho qualche quattrino, fece tanto che restaro: e venendo il campo a Siena, furo in su le mure e feron la lor factione.
E da Siena poi, senza dar lor la paga, con simili preghi e promesse, furon tratti fin a Buonconvento, dove, non havendo ancho la paga né speranza di haverla, e per la più parte disolvendosi il campo, se ne venero con molti altri, e se ne portaron quelli pochi denari che havevan presi: che in sette compagni furon circa dieci o dodici ducati.
Questo ch’io scrivo a Vostre excelse Signorie fu confirmato da una parte e da l’altra in mia presentia esser vero.
Ma perché la professione mia non è d’arme, non mi confidando di sapere iudicare in questa causa, chiamai, con un dottore che habbiamo qui assai ben dotto, molti homini da bene, c’hanno fatto il mestiero del soldo; li quali disseno che a quel dì che arrivaro a Castelfiorentino dovea comminciare il servitio di questi fanti, e poi compensare chi er’a più, o li dì c’havean servito, o la rata de li denari che havevan presi.
Questa determinatione non piacque a chi era venuto per Bartolomeo, e si partiron: et hanno fatto querela a Vostre excelse Signorie come io non gli voglia far ragione.
Quelle intendono il caso, e perché son prudentissime, et hanno costì copia di soldati e persone che intendono meglio l’uso de l’arme, che non fo io, né questi qui meco con li quali io mi posso consigliare, suplico Vostre excelse Signorie che iudichino questa causa, e che me avisino quello che vogliono ch’io faccia, ch’io sono per condennare et absolvere questi miei secondo il giudicio di quelle: e quando Bartolomeo dicessi che la cosa stessi altrimente, io manderò a star seco al paragone uno di questi fanti, che chiariranno le menti di Vostre Signorie:
in bona gratia de le quali mi raccomando sempre.
Castelnovi, 24 Septembris 1522.
Scheda di Chiara De Cesare | Ultima modifica: 29 giugno 2022
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